Camilla Osemont, Storia del signor Vais

temposospeso – editoria di resistenza, 2024

PREAMBOLO 

Quando è arrivato il pacco con i due nuovi libri ordinati direttamente alla casa editrice conoscevo il contenuto di uno dei due – Ecologia della parola di Massimo Angelini – per averlo letto nella precedente edizione e averlo acquistato nella convinzione del suo valore aggiunto.

Ho ordinato l’altro per la presentazione capace di incuriosire e di convincere. Ma anche per il colore e l’immagine di copertina. Non potevo sapere in che misura queste ‘premesse’ avrebbero retto alla lettura.

A distanza di alcuni giorni so di avere tra le mani uno ‘scrigno’ prezioso in tutti i suoi aspetti: l’involucro (ossia, i ‘dintorni del testo’, quelli che Gerard Genette ha definito “Soglie”) e il suo contenuto letterario (Storia del signor Vais in forma di novella). 

LA NARRAZIONE

Il lettore entra nella vicenda in medias res, chiamato in tal modo a partecipare agli eventi mentre stanno accadendo. Una volta entrati nella vicenda non c’è modo di uscirne. Non si può fare altro che partecipare con la vista (l’atto di leggere) e con la partecipazione emotiva ed affettiva che, scatenata dal non sapere cosa sta per accadere e dall’imprevisto che riempie le righe immediatamente successive, costringe il lettore ad assumere il ruolo di ‘spettatore’ partecipe.

E questo senza interruzione, dalla prima all’ultima riga della ‘novella’, la definizione adottata per questo testo narrativo breve e perfettamente coeso. 

Come è mio costume, inizio dalla fine, ossia dall’indice.

E l’indice, in questo caso, è fondamentale, perché svela l’organizzazione della narrazione in forma di spartito musicale le cui sezioni comprendono tempi musicali diversi, dal più lento al più veloce grazie all’uso degli aggettivi utilizzati nel linguaggio della musica in lingua italiana a livello internazionale (allegro, andante, vivace ecc.). Le accelerazioni e i rallentamenti interni ai singoli ‘movimenti’ sono dunque la cifra fondamentale della narrazione.

A questa si aggiunge lo strumento narrativo dell’“inaspettato” (aprosdoketon) ottenuto con continue anticipazioni o posticipazioni dei fatti narrati, piccoli e grandi, che contribuiscono a rendere il lettore parte integrante della narrazione e inevitabilmente partecipe dei sentimenti dell’uno o dell’altro dei personaggi. 

Ne deriva che non si può né di deve dire molto della vicenda alla quale ogni lettore deve poter prendere parte in prima persona lasciandosi trasportare e coinvolgere.

Qualcosa si può dire, senza troppo svelare, sui personaggi, sui sottili legami che li coinvolgono interagendo tra loro e sul centro focale in cui si svolge la vicenda. 

Si immagini un palazzo di quattro o più piani con il portierato a piano terra; un pianista – Guido – che affitta l’ultimo piano non senza essersi accertato che il piano sottostante è occupato dal signor Vais il personaggio che dà il titolo al testo, divenuto completamente sordo; il terzultimo infine da una cantante ormai anziana, Leda, che tuttavia ancora si esibisce in un locale non distante dal palazzo. 

La presenza del portiere sposta la vicenda indietro di qualche decennio e, per chi ha o ha avuto dimestichezza con palazzi degli Anni Cinquanta o inizio Sessanta sarà facile immaginare le piastrelle d’epoca decorate, magari con un decoro diverso in ogni stanza, e le conversazioni occasionali con il portiere, detentore indiscusso di chiavi e curiosità di ogni tipo sulla vita dei condomini. Ma, naturalmente, la vicenda potrebbe essere coeva e svolgersi in un palazzo d’epoca rimato intatto. Con questa ambientazione in mente, sarà facile comprendere la scelta della foto di copertina con lo scorcio di una scala che porta ai piani.

Nel mio ruolo di (ex) docente, ne avrei proposto la lettura con una serie di indicazioni di servizio per stimolare la riflessione sulle caratteristiche della narrazione a tutti i livelli – letterale, metaforico, allegorico … – con particolare attenzione sull’intersecarsi di suoni, rumori, musica e canto, lasciando ampia libertà di commento autonomo su tutti gli aspetti del testo, compresa la levigatezza formale della scrittura che diviene espressione della profondità del contenuto, in relazione alla profondità d’animo dei personaggi, come singoli e nella loro inevitabile interazione quotidiana.

ADDENDUM (sui ‘dintorni’ del testo)

Se non si può aggiungere altro sui contenuti, è impossibile tacere alcune caratteristiche che contraddistinguono la casa editrice temposospeso  e che stanno emergendo con una forza identitaria sempre più chiara, a partire dall’immagine di copertina: una scala che salendo mostra a chi la percorre una prospettiva sul piano inferiore.

Si tratta di uno dei numerosi dipinti di Sam Szafran (19 novembre 1934 – 14 settembre 2019) dedicati allo stesso tema (L’escalier, 54 Rue de Seine, 1992) che si adatta perfettamente alla vicenda, racchiusa proprio tra un piano e l’altro di un vecchio palazzo, su fondo rosa ‘gemma di pesco’ fotografata da Esther Weber.

Si prosegue con l’aletta anteriore occupata da alcune righe dedicate al contenuto del libro a firma Duccio Demetrio, già professore di Teoria e pratiche della narrazione, oggi direttore scientifico del Centro Nazionale Ricerche e studi autobiografici della Libera università dell’Autobiografia di Anghiari, a conferma dell’attenzione che la casa editrice pone nella selezione dei testi.

La prima pagine utile, dopo il frontespizio e il colophon, è occupata da una dedica al lettore (A te che leggi) in cui l’editore spiega in modo essenziale ma incisivo come e perché il testo è stato selezionato per la pubblicazione (leggerlo prima della lettura o alla fine conferma le impressioni e le emozioni ricevute durante!).

Un’altra caratteristica è costituita dal ringraziamento di pugno dell’autore /autrice a conclusione del testo. Non sono in grado di dire se è una novità assoluta ma so per certo che a fine lettura trovarlo è stata una conferma di aver colto il senso della vicenda e il coinvolgimento dell’autrice nello scriverla.

L’aletta posteriore, infine, è occupata dalla foto dell’autrice e da un profilo tanto breve quanto significativo. Ha un anno meno della mia figlia più piccola (per sapere quanti sono è indispensabile procurarsi il libro!), “scrive, legge e cuce in ordine sparso”.

POST-SCRIPTUM

Per completare questo breve scritto, scelgo di accompagnarlo con le foto di una scala fotografata in un luogo speciale durante una recente visita, di poco successiva alla lettura di Storia del signor VaisLe familistère de GuiseUne utopie réalisée voluto e realizzato dall’industriale Jean-Baptiste André Godin come alloggio per gli operai della sua fabbrica, ispirandosi alle idee socialiste e anarchiche della seconda metà del XIX sec.

Oggi è divenuto un Museo dove vengono ospitate mostre tematiche e dove è possibile visitare alcuni degli appartamenti, di diverse dimensioni in relazione alla composizione delle famiglie, e altri ambienti destinati alla attività delle famiglie alloggiate, compresa la scuola (e durante la visita ho incontrato varie scolaresche). 

Aggiungo anche, per completezza ‘ideale’ – dedicata all’autrice -, la foto di una vecchia macchina da cucire, fotografata nella vetrina di una bottega a Savignano sul Rubicone, realizzata dalla fabbrica Prinetti & Stucchi di Milano, attiva dal 1874 al 1926, e poggiata su una base prodotta dalla tedesca Singer.

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